La Station 936 incontra… Paul Hartween

Immagine(Paolo e Enzo)

Presentati Paolo
Ciao Gian,
innanzitutto grazie per avermi dato l’opportunità di incontrare tutti voi.

Mi chiamo Paolo Arduino ma molti mi conoscono tramite il nickname inglesizzato (Paul Hartween) che ho adottato da almeno 20 anni: un modo, anche divertente, come un altro per sentirmi ancora più vicino alla Terra di Albione.

Vivo da 20 anni a Marene (nella provincia degli Station 936, of course) ma mi sento ancora un saviglianese doc. Leggo molto (anche se meno rispetto al passato), sono tra l’altro diplomato in pianoforte, ho fatto studi storici ma la vita lavorativa mi ha portato in tutt’altra direzione. Sono stato in carriera anche responsabile delle vendite e logistica Italia per una nota multinazionale dell’abbigliamento sportivo.

Noi due, caro Gian, siamo coetanei, figli del baby-boom del 1964 e fieri difensori di un calcio che, ormai, ha perso le proprie radici e si è trasformato in puro business. Una sorta di paladini con una intramontabile visione romantica (un po’ come quei collezionisti di quadri di Millais che non si adeguano all’arte contemporanea), che cercano comunque di portare questo messaggio ai giovani. Una visione da tifosi e non da consumatori.

Sono stato per anni istruttore di calcio (dai pulcini fino agli allievi regionali; il mio méntore, che tu conosci perché anche a lui ho fieramente trasmesso la passione per gli Hammers, è Enzo Genovese, che ha trascorso 6 anni con Vatta, Rabitti, Ellena, Ussello, nel più importante settore giovanile del dopo-guerra, vincendo anche uno scudetto nazionale, per poi intraprendere la carriera come calciatore professionista). Tra le tante esperienze dirette ne ricordo una in particolare, legata ai pulcini della JAcademy. Una squadra piena di problemi di convivenza che qualcuno, all’inizio, aveva etichettato come B e che, dopo un percorso di crescita incredibile e irripetibile, ha ricevuto il plauso di istruttori, osservatori e tecnici del settore giovanile JAcademy. Cosa c’entra con il WH? A loro ho insegnato il nostro “I’m forever blowing bubbles” che regolarmente cantavamo negli spogliatoi prima di ogni partita e che ha permesso di cementare il gruppo in modo unico e indimenticabile.

Come è nata la tua passione x il West Ham United?
Da ragazzino, e ti parlo degli anni ’70, seguivo il calcio inglese tramite il Guerin Sportivo. All’epoca, come sanno tutti quelli della old generation, non vi erano altri mezzi se non la carta stampata. Non c’era la playstation ma il mitico Subbuteo, di cui fui fondatore di una specie di circolo amatoriale in quel di Savigliano. E, quindi, come tutti i coetanei, guardavamo con ammirazione il footy, sognando attraverso quello stupendo panno verde (la cui scatola riproduceva un’azione sotto porta, dentro uno stadio di football britannico) di essere allenatori di quei mitici giocatori in miniatura, pitturati dalle casalinghe del Kent. Soprattutto dei claret&blue. Anche se, come tutti sapranno, il nostro primo colore fu il blu Oxford. Nel corso degli anni si sono sviluppate nuove tecnologie che hanno reso più fruibile il calcio inglese in generale e sono nate nuove opportunità, attraverso la radicale trasformazione dei trasporti aerei con l’introduzione delle compagnie low-cost. Ma, non conoscendo la Station, ero per così dire, un supporter “isolato”. Ho trasmesso la passione anche a mio figlio (che ha avuto l’onore di indossare la maglia granata del Torino nei suo trascorsi calcistici), ai miei giovani nipoti e agli amici.

Che cosa rappresenta il Club per te
Moltissimo. A tal punto che, come ti ho anticipato, ho anche in programma di preparare una pièce teatrale (ci vorrà molto tempo ma l’importante è avere un’idea iniziale) sulla storia di questo club, e su tutto ciò che ruota intorno anche a livello di arte, musica, storia, che vorrei presentare in alcune sedi di un certo rilievo. Vedremo se riuscirò a trasformare il sogno in realtà. Proprio in questi giorni mi stanno arrivando dall’Inghilterra alcuni libri che ho acquistato per approfondire l’argomento. E il mio amico Luca (in arte Sir Brass) che, tra l’altro, ha scritto un godibilissimo libro sul calcio inglese (Shots and kicks) ha promesso di darmi una mano. Naturalmente, sarebbe bello anche presentarlo a tutti voi, magari in occasione di un incontro nazionale. Chissà….

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Che cosa vuol dire essere un Hammers?
La risposta si trova nella natura intrinseca del nostro inno.

Sognare sempre, anche se poi, come le bolle di sapone, i sogni spesso si infrangono contro la cruda realtà. E’ bello, comunque, sognare insieme, sentirsi un’unica grande famiglia.

Per questo combattiamo contro le avversità: troppo facile tifare squadre snob. Meglio una vittoria sudata, un traguardo raggiunto con una immane fatica, una promozione dalla Championship a Wembley. Solo così si può assaporare fino in fondo l’essenza della vittoria: è la differenza che c’è tra bere vino ogni giorno, abituandosi a farlo di corsa e senza più badare all’etichetta, e degustare un Armagnac davanti ad un camino acceso durante una sera d’inverno con una nevicata eccezionale. Quell’occasione diventa speciale e ci si ricorderà per sempre anche la data.

Upton Park…che dire?
Abbiamo perso la casa. E’ vero che mettersi di traverso rispetto all’evoluzione del calcio moderno è come pretendere di fermare il vento con le mani. La ferita si trasformerà in cicatrice. Magari farà meno male ma l’avremo sempre davanti agli occhi. Per i nostalgici come noi, un colpo al cuore.

Raccontaci il tuo ricordo piu’ bello legato al W.H.U.
La vittoria in FA CUP del 1980. Non so quanto pagherei per vedere la nostra squadra rivincere una coppa nazionale. E se fosse quest’anno?

 Cosa pensi delle altre tifoserie inglesi?
Sono quasi tutte molto interessanti, anche se, con l’avvento di molti nuovi stadi, si è persa la magìa dei mitici anni ’70. Siamo degli inguaribili romantici, lo so….

Il Football che cosa vuol dire per te?
Respiro calcio dal 1970. Ormai ho praticamente abbandonato il calcio italiano che reputo più finto di un incontro di wrestling e da tempo seguo praticamente solo più quello inglese (anche le serie minori). Il calcio è parte integrante della mia vita. Difficilmente mi potrei separare dal football.

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Un po’ di tempo fa hai conosciuto la Station 936, che cosa ne pensi?
Caro Gian, che dire? Ho passato momenti molto belli con la Station. Sono stato subito accolto da un abbraccio fraterno (prima di tutto dal tuo e dalla tua straordinaria disponibilità) e mi sono sentito a casa. E’ una grande famiglia.

Hai partecipato a diversi Raduni station, una cosa che ti piace ricordare?
Un po’ tutto. Atmosfera conviviale, allegria, i tornei di calcio a 7. Noi vecchietti ci siamo fatti valere, vero? Ricordo ancora la paella reale del 2013 prima della grandinata…..

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Cosa Pensi dello Stadio Olimpico?
Un enorme stadio molto utile al business del presente e del futuro. Un po’ come chiedere, perdòna la metafora irriverente, ad uno che ha sempre frequentato cattedrali gotiche e pregato con il canto gregoriano, di andare in una chiesa fatta col cemento a ballare l’Alleluja. Non perderà mai la propria fede, anzi, ma sa che ha perso la sua casa. E, diciamo, in qualche occasione, il nostro inno si è un po’ annacquato in quel catino.

Un nome x il futuro del West Ham United
Ce ne sarebbero tanti. Ma io preferisco puntare sul collettivo. Con la speranza anche che, d’ora in avanti, la sfortuna ogni tanto si dimentichi di noi.

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Aggiungi se vuoi un tuo pensiero finale
Ci vediamo al Craven Cottage?
…Paolo , spero di si.

Grazie Paolo, la tua stima, il tuo rispetto, la tua passione sono un valore aggiunto per tutti noi, per noi “old”, vintage, o come diavolo si dice…è uno stile di vita.

 

 

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